Incominciare l'anno come Siddhartha
- silviadibrazza
- 27 dic 2020
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 24 set 2024

Ciao a tutti,
Spero che siate in salute e che siate riusciti a tenere vivo lo spirito natalizio nonostante il clima di confusione ed incertezza dell'ultimo periodo.
Finalmente un break e un po' di sano riposo (fisico ma soprattutto mentale)! Io ho deciso di approfittare di queste vacanze natalizie per dedicarmi un po' a me stessa e alla mia casa e per stare vicina alle persone che amo (anche a distanza).
È da un po' di tempo che desidero raccontarvi di un libro la cui storia mi sta particolarmente a cuore: Siddhartha di Hermann Hesse.
Siddhartha è un giovane figlio di Bramano (sacerdote induista) cresciuto ed istruito secondo il culto e la dottrina. Nonostante le origini familiari religiose, Siddhartha è infelice ed insoddisfatto della sua vita, e, in seguito ad un periodo di crisi esistenziale, decide di allontanarsi dalla dimora familiare in compagnia del fedele amico Govinda per andare alla scoperta del mondo.
Inizialmente, il giovane si unisce ai samana, un gruppo di asceti che praticano l'astensione quotidiana dai piaceri del mondo e lunghe meditazioni al fine di immedesimarsi in ogni essere vivente.
Nonostante queste pratiche catartiche quotidiane, Siddhartha è ancora insoddisfatto, e, accompagnato da Govinda, decide di unirsi ai discepoli del Buddha, l'Illuminato: colui che ha raggiunto la pace interiore, la liberazione, il nirvana.
Anche di fronte al volto beato del Buddha, Siddhartha si allontana separandosi dall'amico Govinda, il quale si unisce ai seguaci dell'illuminato.
Inizia così il viaggio individuale di Siddhartha, il quale, dopo avere attraversato un fiume (forse metafora della separazione tra mondo spirituale e mondo materiale), si unisce a quelli che lui chiama gli uomini-bambini, ovvero gli uomini che vivono nel mondo delle cose materiali, dei piaceri e del business.
Qui si unisce alla cortigiana Kamala la quale gli insegna l'arte dell'amore. Incontra poi il mercante Kamaswami, dal quale apprende la logica degli affari.
Presto Siddhartha si trova a far parte di una realtà diversa, dimenticandosi del perché della sua partenza e tramutandosi lui stesso in un uomo-bambino.
Diversi anni dopo, accortosi di avere di nuovo fallito nella sua ricerca spirituale, disperato, Siddhartha fugge dal villaggio degli uomini-bambini e ritorna al fiume, contemplando il suicidio.
Dopo una serie di avvenimenti, tra cui l'incontro inaspettato con l'amico Govinda (ora seguace fedele del Buddha), Siddhartha trova il suo posto a fianco del barcaiolo Vasuveda che lo aveva trasportato dall'altra parte del fiume prima del suo incontro con gli uomini bambini.
Con gli anni, Vasudeva gli insegna ad ascoltare la voce del fiume e Siddhartha trova finalmente la sua pace interiore. Infatti, così come il fiume scorre ma è allo stesso tempo eterno, Siddhartha impara che il fluire degli eventi della sua vita non è stato causale, bensì inevitabile, e che non esiste dottrina in grado di donare la beatitudine.
Egli doveva diventare asceta, amante, ricco uomo d'affari e barcaiolo per capire che l'unica beatitudine esiste nella completa accettazione dell'imperfezione ed inevitabilità della condizione umana.
Siddhartha doveva tornare al fiume (quella divisione tra spirituale e materiale, tra religione e lussuria, tra mondo degli asceti e mondo degli uomini-bambini) per comprendere che non bisogna separarsi dal mondo materiale per raggiungere la beatitudine, bensì viverci incarnando ciò che il mondo ha bisogno: amore e pace.
Vivere per cambiare il mondo attraverso se stessi.
Tutte quelle sue personalità (samana, amante, uomo d'affari...) dovevano esistere e morire perché lui potesse trovare il suo vero posto nel mondo: sul fiume, nel mezzo.
Non una dottrina, bensì questa accettazione rende Siddhartha un Illuminato, un Buddha.
Ora vi chiederete: perché parlare di Siddhartha in questo momento storico? Cosa mai potremo imparare da questa storia?
Credo che alla luce degli eventi di quest'anno, tutti abbiamo bisogno più che mai di pace e tranquillità.
A questo proposito, la storia di Siddhartha insegna che anche nei dolori più grandi e nelle solitudini più profonde si può ritrovare una nuova versione di se stessi, più forte e consapevole.
Insegna che è fondamentale vivere ogni esperienza, ogni gioia ed ogni dolore con rispetto verso se stessi e verso il mondo che ci circonda.
Ed infine che la vita, così come il fiume, scorre e si trasforma. Nulla è per sempre e, anche se questo fa male, è al contempo la nostra salvezza.
Iniziare l'anno nuovo come Siddhartha significa essere coraggiosi e flessibili ai cambiamenti della vita, ma anche imparare silenziosamente ad allontanarsi dal frastuono del mondo, delle news e dei social per coltivare uno spazio di pace per sé.
Come quel fiume, rimanere nel mezzo.
Vi auguro un nuovo anno pieno di cambiamenti positivi,
Silvia
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